Raccolta e misurazione delle olive

Raccolta e misurazione delle olive

 

Nelle nostre zone questa fase della lavorazione presenta una caratteristica che la differenzia da ciò che si svolge nelle altre regioni olivicole del mediterraneo: l'abbacchiatura con lunghe pertiche “trappa” e “trapparélu”. Questi arnesi sono imposti dallo sviluppo delle chiome di certi nostri alberi che in alcune zone piuttosto ombrose dette “libaghi” arrivano alla ragguardevole altezza di 10 – 15 metri. Questi semplici strumenti erano fatti di polloni di castagno tagliati di luna vecchia, la maggior parte di essi erano fatti direttamente dal contadino altri erano acquistati da ambulanti che venivano per la festa di San Tommaso della vicina valle Argentina che portavano anche canestri di liste di castagno intrecciate “cavagni”. L'abbacchiatura era eseguita su grossi teli “tende” che di volta in volta spostate sotto l'albero da raccogliere. Le olive eventualmente scappate fuori dalle tende venivano raccolte a mano “coie a man”. Alla sera, dopo la già pesante giornata era necessario separare le foglie dalle olive “urbo”. Non esistevano le attuali ventole elettriche e neanche le “chitarre” di legno e si procedeva a lanciare le olive, con un arnese di legno di forma concava “sassura” sopra una tenda preventivamente stesa con un capo rialzato . Le foglie, più leggere cadevano a terra prima e le olive cadevano pulite sul capo rialzato della tenda stessa.

…..e ancora la fatica non era terminata: era necessario portare le olive a casa, Per lo più si faceva a dorso di mulo e il carico completo, costituito da due sacchi, era denominato “suma”. A volte ad aumentare il già pesante carico si collocava tra i due sacchi posti ai lati del basto un terzo sacchetto “fangotto in scruxia”.

…..A casapoi le olive venivano ammucchiate con le dovute cautele, sopprattuto per evitare l'eccessivo riscaldamento, in un angolo del magazzino “u cantu da bura de urive” venivano contenute dal lato aperto dell'angolo da un apposito legno, di solito curvo, denominato “legnu da bura”. A questo punto il frutto poteva prendere: la prima lo portava direttamente al frantoio per conto del proprietario “particula”; la seconda lo portava al medesimo luogo tramite la vendita a un frantoiano “murina” che per l'acquisto si avvaleva di un mediatore “accataù”. La misurazione era fatta mediante il doppio decalitro “carta” misura convenzionale (20 litri), che più o meno, a seconda delle stagioni equivaleva a 12,5 chilogrammi di olive. Questo recipiente veniva riempito con un canestro “cavagnu da carta”.; i misuratori più abili riuscivano a riempirlo con solo due bracciate e poi di un sol colpo riuscivano a colmare la “carta”, sopra la quale veniva poi passato un legno detto “randa” per togliere le olive eccedenti.

L'operazione della misurazione era precisissima, quasi un rito, e il venditore con “trucchi”, passati da generazione in generazione, mirava a non concedere anche una sola oliva in più all'acquirente. Se la “carta” era la misura fondamentale per le olive esisteva anche una sotto misura “cupéllu” equivalente ad un quarto di “carta” (5 litri).

Questa misura a dato nome ad una festività “Madonna dei cupélli” che si festeggia in Isolalunga e ricade in un periodo dell'anno in cui le olive sono quasi terminate e quindi se ne raccolgono sole piccole quantità.

 

Tratto da:

“Nuovo circolo ricreativo pro loco Pietrabruna 1997 “